Feste tradizionali
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LA FESTA DI SANT'ANTONIO A ILLORAI La festa di Sant’Antonio Abate viene celebrata in diversi centri del Goceano e della Barbagia ma ad Illorai si svolge con un rituale abbastanza singolare che si tramanda ormai da oltre due secoli. La festa inizia infatti già dal giorno dell’Epifania. In questa occasione tutti gli obrieri della festa, che per tradizione sono cinque, si recano presso la casa del vecchio priore che li accoglie offrendo loro del torrone confezionato l’anno precedente e ovviamente del buon vino. Il passaggio di consegne che a turnazione coinvolge ogni cinque anni tutti i priori avviene con il trasporto, da parte de sos oberajos, della statua del santo dalla casa del vecchio priore a quella del nuovo, che per l’anno in corso dovrà occuparsi della preparazione dei festeggiamenti e delle celebrazioni. Il bel simulacro del santo contadino soggiornerà per l’intero anno nella sua casa. La festa raggiunge la sua massima peculiarità proprio con la preparazione del torrone, una tradizione che si tramanda da oltre due secoli e che non trova eguale riscontro in altri paesi della Sardegna. Una settimana prima della festa i paesani prenotano per tempo la propria porzione di torrone versando al priore una quota di denaro. Il prelibato dolce, ricco di miele e mandorle, viene lavorato esclusivamente a mano grazie alla laboriosità del priore e dei suoi familiari e alla generosa partecipazione della comunità illoraese, seguendo un’antica ricetta custodita gelosamente dagli obrieri. Nei giorni 16 e 17 gennaio avviene la distribuzione del torrone a casa del priore. | ||
LA STATUA DEL SANTO E GLI OBRIERI Sino a circa trent'anni fa la statua di Sant'Antonio veniva gelosamente custodita nell'antica chiesa parrocchiale di Illorai, Essa era molto antica e, purtroppo, usurata dal tempo. Perciò gli obrieri di Sant'Antonio sì. quotarono e decisero di acquistare una nuova effigie del Santo da donare alla chiesa. Però, quando si trattò di liberaci dell'antica immagine, gli obrieri iniziarono ad avere dei problemi. Nessuno di loro, infatti, aveva cuore di lasciarla marcire in qualche angolo nascosto della sagrestia. Perciò uno di essi, dopo aver consultato gli altri, propose al sacerdote di donarla a sa “tribide” che l'avrebbe custodita con cura. Il sacerdote, dopo aver chiesto il permesso al Vescovo, diede il suo consenso. Gli obrieri decisero quindi di restaurare I’effigie e da allora in poi, anno - dopo anno, essa viene trasportata dagli obrieri dalla casa di un priore a quella dell'altro. II priore la tiene in casa propria per un anno poi, il I gennaio, la statua viene trasportata nella sua nuova residenza, Così l'antica immagine del Santo è diventata itinerante nel rispetto dalla storia dell'Abate pellegrino. - SA TRIBIDE = con questo termine si indicane i gruppi di persone gli obrieri, che ,si alternano di anno in anno nella preparazione delle feste dì San Sebastiano, San Paolo, Sant’Antonio è quella-" della Madonna di Luche del 5 di agosto. Gli obrieri, per tradizione,sono cinque e si occupano di quest'incombenza, ricevuta, in eredità dai propri avi, o per un voto e per una grazia concessa. Etimologicamente- la parola "trìbide" sembra faccia riferimento al treppiedi, arnese da cucina su cui, quando ancora si cucinava sul fuoco del focolare, venivano poggiate le pentole per cuocere le vivande. II treppiedi, a dispetto del nome: che porta, ha un numero variabile di piedi, a volte anche cinque e, probabilmente, gli obrieri delle feste venivano così chiamati perché il loro numero veniva assimilato a quello dei piedi di questo strumento. (Maria Francesca Lai) | ||
STORIA ROMANZATA DELLA FESTA DI SANT'ANTONIO Una fredda sera di gennaio di circa duecento anni fa, in una piccola osteria dì Illorai si ritrovarono, per caso, tre amici. Proprio in quei giorni nelle case del paese fervevano i preparativi per la festa di. San Sebastiano che avrebbe dovuto svolgersi il 20 di quel mese. San Sebastiano era molto amato dagli Illoraesi e gli obrieri già si accingevano a preparare, grazie alle offerte (più che altra in natura : fave, ossi, di maiale, lardo etc . ) dei devoti compaesani, la favata che sarebbe stata poi distribuita a tutti gli abitanti del paese, Inevitabilmente anche i discorsi dei tre all'osteria vertevano intorno all'argomento della festa prossima ventura. Ad un certo punto uno di essi esclamò: - Sentite! San Sebastiano ha i suoi obrieri che preparano la favata; gli obrieri di San Paolo, invece, preparano la pasta; quelli della Madonna di Luche, il 5. agosto, offrono a tutti la carne lessa e su panischeddu; e Sant'Antonio? Per lui vengono accesi i falò però, nonostante sia un grandissimo santo, non esiste un gruppo di persone: che preparino una vera e propria festa in suo onore. Gli amici concordarono con lui e uno dì essi disse: - Perché non organizziamo noi la festa per Sant'Antonio? Ma cosa potremmo preparare di buono per onorarlo? A quel punto la discussione si fecce molto animata: chi proponeva una pietanza, chi un1altra, chi un'altra ancora finché uno di essi non ebbe un'idea: - Beh -disse- visto che quelli di San Sebastiano preparano la favata noi potremmo preparare qualcosa di dolce, ad esempio il torrone. Tutti si trovarono d'accordo sull'originale proposta ma ad uno di essi sorse un altro dubbio: - Tuttavia - disse -per diventare obrieri, come vuole la tradizione, dovremo fondare una "tribide" e quindi per fare questo dovremmo essere almeno: in cinque e noi siamo solo tre. Gli altri assentirono e iniziarono a cercare dì risolvere quest’ennesimo problema. Proprio in quel momento le porte dell'osteria si aprirono ed entrarono due uomini, amici, dei tre novelli, "soci fondatori". I tre devoti di Sant’Antonio decisero senza esitazione dì coinvolgere i nuovi venuti nella loro iniziativa. Perciò, dopo averli invitati al loro tavolo, gli proposero di entrare a far parte della nuova "trìbide". I due accettarono con entusiasmo e fu così che, da allora in poi, Sant'Antonio fu adeguatamente festeggiato nel paese di Illorai. La tradizione del torrone non venne mai trascurata e ancora oggi gli eredi dì quei cinque uomini continuano a onorare il Santo egiziano, rispettando l'impegno che i loro avi si assunsero oltre 200 anni fa. (Maria Francesca Lai) | ||
ILLORAI 2007. Un Sant’Antonio Abate all’insegna del recupero delle più antiche tradizioni, quello svoltosi quest’anno a Illorai. Oltre al rinnovo della promessa della preparazione del torrone da parte dei priori della festa, quest’anno, dopo decenni di abbandono, è stato ripristinato anche l’antico rito dell’Ardia. La sera del vespro del Santo, infatti, lungo le vie del paese, si è snodato un affollato corteo composto prevalentemente da bambini e ragazzi, che ha portato in processione la cosiddetta Ardia, una sorta di piccolo candeliere, formato da un lungo bastone sulla cui sommità sono poste tre focacce a forma d’anello, focacce precedentemente benedette durante la cerimonia religiosa. S’Ardia, rifinita con un antico fazzoletto di seta, arricchito dai tipici nastri colorati, caratteristici del costume femminile del paese, ha così ripercorso, dopo decine d’anni di assenza, le vie del centro storico, seguendo un percorso rigidamente stabilito dalla tradizione. Il corteo ha, infatti, sostato nei rioni in cui in inpassato erano ubicate le antiche chiese del paese: Santa Maria, Sant’Antonio, San Pietro. In ciascuna di tali soste, i partecipanti hanno voluto rendere omaggio a questi antichi luoghi sacri, con il canto dell’Ave Maria in sardo. La manifestazione si è conclusa presso la casa del priore della festa, il signor Antonio Francesco Muredda, il quale ha provveduto, così come vuole la tradizione, a suddividere le focacce e a farne omaggio ai partecipanti alla manifestazione. Si ritiene infatti che tali porzioni di pane, serbate con cura per un intero anno nelle case o negli ovili, preservino dal male e dalle disgrazie. Il successo ottenuto con il ripristino di questa antica tradizione, a cui hanno contribuito sia l’associazione “Sa cumpanzia de sa fotografia” che i priori di Sant’Antonio, appare di buon auspicio per il recupero di tutte le più antiche tradizioni di questo piccolo centro del Goceano. (Maria Francesca Lai) «Sos fogarones» di Illorai 2009 ILLORAI. La festa di Sant’Antonio Abate è tra le ricorrenze più care agli illoraesi. In Sardegna, la figura del Santo è strettamente collegata all’immagine del fuoco: in tutta l’Isola, infatti, è diffusa, seppure in diverse varianti, la leggenda di Antonio che, disceso agli Inferi, con uno stratagemma sottrae il fuoco al demonio e lo dona agli uomini, condannati a vivere su una terra ricoperta da ghiacci perenni. E proprio per ricordare questo dono, ad Illorai come in altre località della Sardegna, si è perpetuata nei secoli l’usanza di accendere i falò, sos fogarones, fuochi che nel cuore del buio inverno rappresentano la luce e quindi la vita. I festeggiamenti per il santo egiziano cominciano a Illorai intorno al 10 del mese di gennaio, quando s’oberaiu, cioè il priore, procede coi preparativi della festa e in particolar modo con la preparazione del torrone, compito a cui partecipano tutti gli uomini del paese che si succedono, a turno, di fronte ad un gran pentolone per mescolare il gustoso impasto di miele e mandorle. Ma in tempi passati, per i bambini e i ragazzi di Illorai, più di ogni altra cosa, Sant’Antonio era legato a S’Ardia, la processione che si teneva la sera del vespro e a cui partecipavano tutti i fanciulli e gli adolescenti del paese. S’Ardia è un lungo bastone sulla cui sommità sono poste tre focacce a forma d’anello di diverso diametro, ricoperte da un fazzoletto di seta. Il pane, che rievoca la figura di Gesù e il numero tre che ricorda la Santissima Trinità, fanno comprendere come questa manifestazione fosse percepita come un omaggio e una supplica verso il Santo, affinché intercedesse con Dio per il bene del paese e del suo popolo. II fazzoletto che copriva i pani era adornato dai nastri dei grembiuli del costume che le spose indossavano il giorno del loro matrimonio e che, finita la cerimonia nuziale, offrivano in segno d’omaggio alla Madonna Assunta. La sera della vigilia, lungo le vie del paese, si snodava un lungo corteo di bambini al seguito de S’Ardia: la sfilata sostava in alcune località per ricordare i luoghi in cui, in tempi remoti, erano ubicate le antiche chiese del paese: il rione di S. Paolo, attuale Cantareddu, quello di S. Pietro, piazza S. Antonio, via Santa Maria, rione San Giovanni ecc. In ognuna di queste il corteo sostava e i partecipanti recitavano l’Ave Maria in sardo, per ricordare che, proprio in quei luoghi, gli antenati del paese pregavano e supplicavano Dio. In ciascuna di queste tappe, il corteo si avvicinava al fogarone e girava intorno al fuoco per due volte, in senso antiorario. Questo rito, secondo la tradizione, aveva il significato di allontanare le avversità. L’ultima tappa si teneva presso la chiesa di Santa Croce dove il sacerdote benediceva S’Ardia che successivamente veniva portata a casa dal priore. Qui, s’oberaju scomponeva l’arnese e divideva la focaccia più grande in nove parti. Un frammento di pane veniva offerto a tutti i presenti e in particolare alle persone di nome Antonio, ai pastori e ai contadini che custodivano tale porzione per un intero anno poiché si riteneva preservasse gli abitanti della casa, le greggi e le coltivazioni dalla malasorte e dalle avversità. |