Su Trigu Sardu

Principale risorsa dell’isola era il grano che veniva scambiato in varie forme: baratto, commercio e dono.

Fungeva anche da moneta e merce di scambio nella retribuzione di prestazioni di lavoro ed in genere nelle transazioni economiche locali. Si sviluppò così soprattutto a Cagliari, Alghero e Sassari una fiorente colonia di mercanti genovesi, catalani, valenzani e maiorchini interessati a diverse attività; il grano sardo era particolarmente ricercato per la qualità ed il basso costo.

Il prezzo subiva forti variazioni da un anno all’altro e da regione in regione; se, ad esempio, nel 1353 ad Arborea il grano costava 5-6 soldi a starello, a pochi passi, in territorio sottomesso alla corona d’Aragona ne costava 8,40 .

Per sottrarre i contadini alla dipendenza del prestito usuraio, a partire dalla seconda metà del ‘700 sorsero i Monti Granatici o di Soccorso, destinati alla produzione, allo stoccaggio e al prestito di grano e orzo. Le scorte annuali di grano, delle comunità e delle singole famiglie, erano però esposte anche ad altri rischi come furti e danneggiamenti. Come difesa della quiete della vita nelle campagne si era creato un corpo di polizia rurale: “BARRACELLATO”.

Fin dal neolitico nelle terre della Sardegna si producevano due specie di cereali: orzo e grano di due varietà, duro e tenero.

Quello che era seminato annualmente rendeva di più nelle pianure del sud della Sardegna. Anche se prodotto in quantità minore quello del nord Sardegna era il più buono.

Al grano erano dati diversi nomi, gli anziani si ricordano ancora dei nomi come:

TRIGU BIANCU, TRIGU CORANTINU, TRIGU MURRU BAXU, TRIGU ARRABIU, TRIGU SCISCILLONI, nell’Oristanese;

CINIXU, DENTE E’CANE, SU FOGU PISSINU, CO’E ACCRIAXU, BRENTI BIANCA, nel cagliaritano;

CIXIREDDU, BIANCUCCIU, MORU NIEDDU, BALILLA, (quello della “battaglia del grano” del regime fascista) nel Campidano.

Il grano è soggetto a diverse malattie: i vermi, colpiscono la pianta ancora giovane; la tigna rossa la pianta matura .