LA MIETITURA
La mietitura del grano si fa,
secondo l'altitudine, in giugno o in luglio. Il grano si taglia con una falce
dentata
"FARCHE",
si falcia pressappoco a metà dello stelo, solo quello marzuolo che non diventa
molto alto, è tagliato rasente al suolo come dice il proverbio
"SU
TRIGU DE MARTU, NON LU MESSES ARTU".
Il grano ammucchiato resta otto
dieci giorni nel campo, poi viene portato all'aia
"ARZOLA"
(col carro, se è in grande quantità)
"CARRUGARE".
All'alba, quando le piante sono rese più elastiche dalla rugiada
"SU
LENTORE",
i mietitori
"MESSADORES"
iniziano il lavoro da un punto prescelto, tengono in mano tanti mazzi di steli
quanto questa né può contenere, poi legandoli con il fieno formano
"SU
MANNUGRU".
I mietitori erano pagati a
cottimo, in base alla quantità di grano seminato o raccolto e al tempo
impiegato.
Le parole della mietitura
“MESSARE”
= mietere il grano
“MESSONDZU”
= il luogo in cui si miete
“MESSADORE”
= mietitore
“ARRODARE”
= arrotare
“MANNUGROS”
= covoni
“MUNTONE”
= mucchio
“LIGARE”
= legare i fasci di covoni
L’aia, la trebbiatura e la spulatura
Prima di stendere il grano
sull’aia
“ARZOLA” questa viene
pulita accuratamente con una scopetta di frasche
“iscobadzola” e si provvede
ad estirpare le erbacce.
Il mese della trebbiatura è
luglio, che perciò è detto
“MES’e
TRIULAS”
prima veniva fatta con i buoi aggiogati, con cavalli e anche con asini.
Trascinando una grossa pietra
“PREDA
DE S’ARZOLA”
i buoi calpestavano i covoni, sciolti e disposti in circolo, provocando la
separazione dei semi dalle spighe, mentre uomini e donne rivoltavano il grano
con forconi di legno
“TRIUTTU”.
Trebbiato il grano e raccolto in
un grande cumulo a forma di piramide; quando soffiava il vento gli uomini lo
ventilavano sollevando verso l’alto tridenti e pale pieni di grano e paglia.
La forza del vento faceva volar
via la paglia e le altre impurità, mentre il grano ricadeva a terra. Lasciato
essiccare per qualche giorno era pronto per l’immagazzinamento, ma prima veniva
misurato. Messo nei sacchi veniva trasportato in paese col carro; ammucchiato in
un angolo qualunque della casa dopo che la terra veniva bagnata con aceto per
tenere lontani gli insetti soprattutto
“su sudzone”.
Un rimedio efficace contro gli insetti consisteva, secondo la credenza popolare,
nel mettere la falce con la punta e coi denti rivolti verso l’alto sul mucchio
del grano. Il grano si conservava anche nella
“LUSSIA”
contenitore cilindrico fatto con canne intrecciate.
La paglia rimasta nelle aie o si
bruciava prima delle piogge autunnali o veniva raccolta e usata principalmente
come foraggio per il bestiame.
Le parole del grano
“PULA”
= guscio del grano
“ISPIGA”
= spiga
“TRIGU”
= grano
“ANNEULADU”
= grano guastato dalla nebbia
“TRIGU
MADURU”
= grano maturo
“TRIGU
REGADIU”
= grano tardivo