Da più di trecento anni il 19
gennaio, giorno del vespro di San Sebastiano, il priore di turno
prepara per tutto il paese il tradizionale "fae e lardu".
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San Sebastiano al
femminile
Serena Basso
Il nome di Sebastiano deriva dal greco sebastòs che vuol
dire “il venerabile”, nome quanto mai adatto per il santo più rappresentato
nella storia dell’arte, insieme a San Girolamo.
(11-12-2003)
Il nome di Sebastiano deriva dal greco sebastòs che vuol dire “il
venerabile”, nome quanto mai adatto per il santo più rappresentato nella
storia dell’arte, insieme a San Girolamo. Le fonti primarie della sua storia
sono la “Legenda Aurea” ed in particolare la “Passio Sancti Sebastiani” del
V secolo: Sebastiano visse nel III secolo d.C. e fu capitano delle guardie
dell’Imperatore Diocleziano.
Già dal VII
secolo fu considerato protettore dalle epidemie ed in particolare dalla
peste, infatti a lui si attribuiva la fine di una peste diffusasi a Roma.
L’origine di tali credenze popolari va ricercata in una rilettura delle
fonti, che vedono Sebastiano sopravvivere al martirio delle frecce, mezzo
con il quale si credeva che Dio inviasse le epidemie, come punizione, sulla
terra; il Santo che vi sopravvisse ne fu così ritenuto immune. Proprio del
VII secolo è il mosaico all’interno della Basilica di S. Pietro in Vincoli a
Roma, in cui il santo è rappresentato come un vecchio barbuto e vestito con
la tunica. Dalle rappresentazioni del vecchio si giunge poi a quelle più
comuni di giovane che tiene in mano arco e frecce, come nell’affresco
absidale di S. Giorgio al Velabro, a Roma, dipinto da Pietro Cavallini (XIV
sec.) o nella tela di Raffaello all’Accademia Carrara di Bergamo. Il Santo
viene riconosciuto dai fedeli solo per la presenza dei suoi attributi;
risulta interessante notare un’analogia, in questo caso, con il video di
Fiona Tan (Indonesia, 1966) intitolato “Saint Sebastian” del 2001, in cui
l’artista riprende una cerimonia tradizionale giapponese per le giovani
donne che consiste in una competizione di tiro con l’arco. Le belle
immagini, scandite da tempi lunghi e ricchi di tensione, hanno come
protagoniste le donne nel momento drammatico del tiro delle frecce: solo,
dunque, l’arco e le frecce riportano la mente all’iconografia di San
Sebastiano come sottolinea l’artista stessa nel titolo. Maggiore rilevanza
viene data ai simboli, agli attributi della figura e non tanto alla figura
in sé, che, come in questo caso, potrebbe essere anche una donna.
L’intenzione del gioco dei sensi, della continua ricerca di qualcosa altro
da ciò che abbiamo di fronte agli occhi porta ad una riaffermazione
dell’arte come immagine e significato. Con Louise Bourgeois (Francia, 1911)
la scultura del 2002 è intitolata, senza mezzi termini “Sainte Sebastienne”:
il santo è una donna ed è curioso come dalle donne venga questa attribuzione
al femminile di una figura, tradizionale nell’arte e nel pensiero religioso.
Un’altra
visione al femminile della vicenda del Santo si ha, a partire dal XVII
secolo, quando si diffonde un altro episodio della sua vita: San Sebastiano
infatti, sopravvissuto ai colpi delle frecce, viene soccorso da una pia
vedova di nome Irene, che lo ospita a casa sua per curarlo. In questa nuova
iconografia è Irene la nuova immagine della Chiesa. Esempio di fede non è
più, quindi, soltanto il corpo dell’uomo che sopravvive e vince il dolore,
ma anche, ed ancora di più, la vita per gli altri, di devozione e preghiera.
Tra queste bisogna ricordare le opere di Luca Giordano e Jusepe de Ribera,
intitolate “San Sebastiano curato da Irene”, esempi di una particolare
intensità emotiva e di grande forza pittorica. A farne riferimento, ai
nostri giorni, è l’artista, ovviamente donna, Ana Maria Pacheco (Brasile,
1942), con una serie di disegni di questo episodio e di San
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