«Sos fogarones» di Illorai 2009
ILLORAI. La festa di Sant’Antonio Abate è tra le ricorrenze più care agli illoraesi. In Sardegna, la figura del Santo è strettamente collegata all’immagine del fuoco: in tutta l’Isola, infatti, è diffusa, seppure in diverse varianti, la leggenda di Antonio che, disceso agli Inferi, con uno stratagemma sottrae il fuoco al demonio e lo dona agli uomini, condannati a vivere su una terra ricoperta da ghiacci perenni. E proprio per ricordare questo dono, ad Illorai come in altre località della Sardegna, si è perpetuata nei secoli l’usanza di accendere i falò, sos fogarones, fuochi che nel cuore del buio inverno rappresentano la luce e quindi la vita. I festeggiamenti per il santo egiziano cominciano a Illorai intorno al 10 del mese di gennaio, quando s’oberaiu, cioè il priore, procede coi preparativi della festa e in particolar modo con la preparazione del torrone, compito a cui partecipano tutti gli uomini del paese che si succedono, a turno, di fronte ad un gran pentolone per mescolare il gustoso impasto di miele e mandorle. Ma in tempi passati, per i bambini e i ragazzi di Illorai, più di ogni altra cosa, Sant’Antonio era legato a S’Ardia, la processione che si teneva la sera del vespro e a cui partecipavano tutti i fanciulli e gli adolescenti del paese. S’Ardia è un lungo bastone sulla cui sommità sono poste tre focacce a forma d’anello di diverso diametro, ricoperte da un fazzoletto di seta. Il pane, che rievoca la figura di Gesù e il numero tre che ricorda la Santissima Trinità, fanno comprendere come questa manifestazione fosse percepita come un omaggio e una supplica verso il Santo, affinché intercedesse con Dio per il bene del paese e del suo popolo. II fazzoletto che copriva i pani era adornato dai nastri dei grembiuli del costume che le spose indossavano il giorno del loro matrimonio e che, finita la cerimonia nuziale, offrivano in segno d’omaggio alla Madonna Assunta. La sera della vigilia, lungo le vie del paese, si snodava un lungo corteo di bambini al seguito de S’Ardia: la sfilata sostava in alcune località per ricordare i luoghi in cui, in tempi remoti, erano ubicate le antiche chiese del paese: il rione di S. Paolo, attuale Cantareddu, quello di S. Pietro, piazza S. Antonio, via Santa Maria, rione San Giovanni ecc. In ognuna di queste il corteo sostava e i partecipanti recitavano l’Ave Maria in sardo, per ricordare che, proprio in quei luoghi, gli antenati del paese pregavano e supplicavano Dio. In ciascuna di queste tappe, il corteo si avvicinava al fogarone e girava intorno al fuoco per due volte, in senso antiorario. Questo rito, secondo la tradizione, aveva il significato di allontanare le avversità. L’ultima tappa si teneva presso la chiesa di Santa Croce dove il sacerdote benediceva S’Ardia che successivamente veniva portata a casa dal priore. Qui, s’oberaju scomponeva l’arnese e divideva la focaccia più grande in nove parti. Un frammento di pane veniva offerto a tutti i presenti e in particolare alle persone di nome Antonio, ai pastori e ai contadini che custodivano tale porzione per un intero anno poiché si riteneva preservasse gli abitanti della casa, le greggi e le coltivazioni dalla malasorte e dalle avversità.